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Paura e speranza, accogliere e accettare tutto ciò che arriva dal proprio cuore.
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Cara dottoressa,
leggendo la sua rubrica ho deciso di scriverle per avere una sua opinione rispetto ad alcuni dubbi che mi sono giunti in questo periodo. Sono una ragazza di 27 anni, sposata da pochi mesi, da alcune settimane ho avuto la notizia di essere di essere in attesa. So che può sembrare strano, e che dovrei essere felice per tale dono, ma l’unica emozione che provo è quella del terrore e della preoccupazione per tale cambiamento. Nel mio cuore e in quello di mio marito c’è sempre stato il desiderio di avere un figlio ma, personalmente, avrei preferito arrivasse in un altro momento, è come se non mi sentissi pronta ad essere madre e, tutto ciò, mi lascia sensi di colpa e una forte angoscia perché sia mio marito sia tutte le persone intorno a me sono felici e mi dicono che “dovrei essere felice”, ma in questo momento non riesco proprio ad esserlo. Sarei grata se mi potesse dare qualche spunto di riflessione. Grazie.
(Dott.ssa Sara Lucariello)
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Gentile lettrice, prima di tutto grazie per avermi scritto, in questa sede posso limitarmi a darle qualche spunto di riflessione per poter cercare un primo modo per poter affrontare la situazione. L’arrivo di un bambino è da sempre considerato per tutti come una gioia e una felicità preziosa, perché è un dono che, per quanto l’uomo cerchi di controllare, non sempre è prevedibile (come la tua esperienza racconta). Nel tuo messaggio ci sono molti spunti di riflessione, cercherò di soffermarmi su alcune questioni cercando di non banalizzare. Siamo abituati a gestire, pianificare, controllare tutto e le nuove tecnologie portano con sé la possibilità di un’ efficienza maggiore e l’angoscia di essere controllati in ogni momento, si veda ad esempio l’ultimo accesso su whatsapp, la condivisione delle posizione in tempo reale, l’orologio digitale che ti invia notifiche su chi ti sta chiamando o quante calorie consumi; tutto ciò ci dà l’illusione del controllo della nostra vita ma, se ci pensiamo, nella nostra quotidianità possiamo controllare ben poco. Pensiamo al nostro stesso comportamento, per quanto tutti noi siamo coscienti di quello che facciamo quante volte ci è capitato di avere reazione che definiremmo “non da noi”? O abbiamo fatto cose in maniera impulsiva e irrazionale? Sfido chiunque a poter dire di controllare i propri pensieri o le proprie emozioni, per quanto ci piacerebbe farlo in realtà non possiamo. Non possiamo controllare gli altri, non possiamo prevedere il futuro o cambiare il passato, non possiamo controllare un granchè in realtà, per cui la lotta contro il controllo è una lotta persa in partenza, dobbiamo accettare che l’unico momento che possiamo (in parte) controllare è proprio quello del qui e ora, e provare a viverlo accogliendo al meglio ciò che la vita ci manda anche se forse non è proprio quello che ci aspettavamo. In quanto essere umani, siamo umani, siamo essere finiti, che respirano, a cui batte il cuore, e in quanto tali imperfetti, non possiamo fare sempre la cosa giusta al momento giusto, o provare l’emozione giusta al momento giusto. Se tu, cara lettrice, in questo momento senti paura per questo grande cambiamento che sta per arrivare nella tua vita, è giusto così! È lecito provare paura, è lecito avere dei dubbi. Per quanto la maternità sia qualcosa di meraviglioso, porta con sé tanta paura e agitazione, tutte le mamme potranno dire di aver avuto almeno una volta, durante la gravidanza, sentimenti di paura, per il parto, per i cambiamenti del proprio corpo, per la propria vita che sta per cambiare, per le cose che non si potranno più fare o per il terrore di non sentirsi in grado di accudire una nuova piccola vita. Certo, sicuramente ci sono donne che non aspettano altro che diventare madri e ci provano con tutti i mezzi possibili, ma ciò non toglie che anche loro possano avere dubbi, paure o perplessità anzi, sarebbe strano il contrario. La narrazione che bisogna essere necessariamente felici è una narrazione falsa, manipolata da convezioni sociali. Tutte le emozioni sono necessarie, anche se come essere umani siamo abituati a non volere le emozioni più dolorose. C’è una bellissima poesia del poeta persiano Jalal al Din Rumi che esprime sicuramente meglio questo concetto spero che possa essere d’aiuto: “L’essere umano è una locanda,
ogni mattina arriva qualcuno di nuovo. Una gioia, una depressione, una meschinità, qualche momento di consapevolezza arriva di tanto in tanto, come un visitatore inatteso. Dai il benvenuto a tutti, intrattienili tutti! Anche se è una folla di dispiaceri che devasta violenta la casa spogliandola di tutto il mobilio, lo stesso, tratta ogni ospite con onore: potrebbe darsi che ti stia liberando in vista di nuovi piaceri. Ai pensieri tetri, alla vergogna, alla malizia, vai incontro sulla porta ridendo, e invitali a entrare. Sii grato per tutto quel che arriva, perché ogni cosa è stata mandata come guida dell’aldilà.”
Cara lettrice spero di averti dati alcuni spunti per poter iniziare a guardare all’interno delle tue paure che sono lecite, normali e di cui è importante prendersi cura, i cambiamenti fanno sempre molto spavento a tutti ma portano con sé la speranza di qualcosa di nuovo e bello. Auguri.
Dott.ssa Sara Lucariello
Psicologa esperta in Psicopatologia dell’apprendimento
Specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale
dott.saralucariello@gmail.com |
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Come guidare i propri figli nelle scelte della vita
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“Sintonizzarsi sui nostri figli comporta essere consapevoli
dei messaggi che ci inviano, non solo con le parole,
ma con ogni aspetto del loro essere […].
Anche nei momenti più difficili e orribili, come genitori possiamo decidere
di fare un passo indietro e di ricominciare da capo,
chiedendoci per la prima volta e con occhi nuovi:
che cosa è veramente importante ora?”
(Myla e Jon Kabart-Zinn, Il genitore consapevole)
(Dott.ssa Sara Lucariello)
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Il mestiere del genitore è tra i più complicati che ci possano essere, nessuno ti prepara per questo importante ruolo: richiede attenzione, cura e può essere un viaggio impegnativo, fatto di venti di burrasca, giorni di secca, scogli da aggirare e rotte sbagliate ma può anche essere pieno di giornate soleggiate, mete incantevoli e compagni di viaggio speciali. Richiede tanto lavoro ed è un impegno che dura una vita, perché è per la vita che viene intrapreso. È tra i compiti più importanti perché ha un’enorme influenza sulle nuove generazioni, per la comprensione di ciò che è davvero importante, per la loro idea dei valori fondamentali della vita, per il loro modo di provare sensazioni ed emozioni, di amarsi e di amare, di perseguire i propri obiettivi con audacia essendo gentili. Essere genitori richiede di essere flessibili rispetto alle sfide che la vita pone, avendo la capacità di rimodulare i propri piani e le proprie aspettative in base alle circostanze (cosa sempre più urgente in una società che richiede rapidità e immediatezza, e che non contempla la pazienza, la lentezza, l’essere nel presente). Diventa così difficile trovare lo spazio per stare con i propri figli, senza pensare alla prossima cosa che bisogna fare. Per non parlare delle sfide a livello educativo: a quale età è giusto dare il cellulare? Quale scuola superiore potrebbe essere più utile? Forse quegli amici non sono delle buone compagnie…È giusto vietare di vedere quel fidanzatino/a? Mio figlio/a è omosessuale cosa devo fare? Università: sì o no? Quanto sostenere o intromettersi se le cose vanno male? E così via. Praticare la consapevolezza ci permette di affrontare e abbracciare le tempeste della vita senza toglierci forza e impegno, ci insegna a guardare noi stessi e il mondo con occhi nuovi, a stare in contatto con il nostro corpo, con i nostri pensieri, le nostre emozioni in modo nuovo, ci insegna a ridere di più e ad apprezzare quello che abbiamo. Essere consapevoli come modalità per accompagnare i nostri figli nelle scelte della vita può aiutare a trovare l’equilibrio tra il sostituirsi al timone della loro nave e il lasciarli allo sbaraglio durante la tempesta; essere genitori consapevoli è come essere quel comandante in seconda sempre pronto alle spalle del capitano quando ne ha bisogno. Come fare a comprendere come e quando aiutare? È qui che entra in gioco la consapevolezza: “Essere un genitore consapevole è la possibilità di stare con vostro figlio senza che la vostra attenzione venga attirata lontano da ciò che sta accadendo tra voi due in quel momento. Essere genitori consapevoli è come fare una pausa per prendere un respiro: si tratta di un lasso di tempo che permette di riconoscere come i vostri figli si sentano e di cogliere ciò di cui hanno bisogno “qui e ora.” Prima di prendere una decisione di vita importante è bene innanzitutto avere come bussola i propri valori, come ad esempio stare bene in famiglia, l’impegno, la cura di se stessi; comprendere i bisogni del momento, vostri e dei vostri figli e agire secondo quelli che sono i valori per voi più importanti. Alcuni suggerimenti pratici che tengono conto anche e soprattutto dell’emotività dei vostri figli:1. Riconosci che tuo figlio sta reagendo emotivamente. 2. Rallenta e prova a non insegnargli nulla. 3. Ascolta ciò che sta dicendo senza giudicare. 4. Rimani calmo e riconosci il punto di vista di tuo figlio. 5. Rispondi in una modalità che possa aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi. La consapevolezza ci permette di affrontare e abbracciare le tempeste della vita senza toglierci forza e impegno, ci insegna a guardare ciò che ci sta accadendo con occhi consapevoli, a stare in contatto con le sensazioni del nostro corpo, con i nostri pensieri e le nostre emozioni, permettendoci di comprendere senza giudicare quelle che sono le volontà e i bisogni dei nostri figli anche se a volte non le condividiamo. Significa avere la capacità di confrontarsi con il proprio partner e prendere insieme scelte educative coerenti con ciò che per voi è più importante. Significa dare fiducia. Essere consapevoli è una pratica che si può scegliere di attuare ogni giorno e che permette di coltivare semi di felicità.
Dott.ssa Sara Lucariello
Psicologa esperta in Psicopatologia dell’apprendimento
Specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale
dott.saralucariello@gmail.com
Bibliografia: “Mindfulness per bimbi e genitori”, P.Moderato, F.Pergolizzi, Mondadori |
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L'ascolto non giudicante:
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pilastro per comprendere i bisogni dei nostri figli
(Dott.ssa Sara Lucariello)
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“Mamma, posso uscire con Serena stasera?” “Hai finito di studiare?” “Sisi” “Sicura? Sbaglio o domani hai l’interrogazione di italiano” “Si mamma, ma ho ripetuto a sufficienza! Uffa! Non ti fidi mai di me!” “No Giulia, è solo che negli ultimi mesi la tua media scolastica è calata drasticamente e stai sempre al cellulare, non te ne frega niente di nulla!” “Uffa mamma, dici sempre le stesse cose, non mi lasci mai fare quello che voglio. Ti odio!”. Giulia ritorna in camera sua sbattendo la porta e urlando, la ragazza si sente incompresa e arrabbiata per la decisione della mamma. La mamma continua a preparare la cena e si sente frustrata e incredula rispetto all’atteggiamento della figlia che fino a un anno prima non avrebbe mai reagito così nei suoi confronti. Credo che questa dinamica comunicativa, possa essere per molti genitori familiare e, ultimamente, mi capita di ascoltare in studio lamentele da parte dei genitori rispetto ai comportamenti irrispettosi dei figli, di come siano completamente dipendenti dai cellulari e di come si estranino dalla realtà. Chi lavora con gli adolescenti sa che la loro visione delle cose sia completamente opposta infatti ritengono che i genitori non li ascoltino e non capiscono il loro punto di vista. Come far fronte a tutto ciò? E perché accade? Partiamo dal presupposto che l’adolescenza è un periodo molto complesso in quanto avvengono dei cambiamenti dal punto di vista dello sviluppo cerebrale, e fisico. L’ adolescente si ritrova in un corpo che sta cambiando e con delle sensazioni fisiche ed emotive che fino a poco prima non avevano sperimentato, loro stessi si definiscono “diversi” e tu, genitore, finisci per non riconoscere più il bambino gentile e affettuoso che fino a poco tempo fa era in casa tua; la vita quotidiana sembra messa in discussione dai continui sbalzi ormonali di cui tuo figlio è in parte vittima. Queste emozioni sono per loro piuttosto reali e a volte difficili da gestire per cui è importante non ignorarle o banalizzarle. La maggior parte dei genitori sentendosi confusa rispetto a queste reazioni emotive si irritano e spesso si arrabbiano. In alternativa, tentano di aiutarli a superare i propri sentimenti con frasi come “Non è niente” o “Non preoccuparti” che però possono invalidare inavvertitamente il modo in cui l’adolescente si sente, facendolo sentire come se i suoi sentimenti non contino o non abbiano senso. Spesso il genitore finisce per restare agganciato all’emotività dei propri figli, lasciandosi trasportare in un vortice emotivo adolescenziale, così che anche le proprie emozioni interferiscono con la propria capacità di pensare chiaramente, pianificare o risolvere problemi. Diventa perciò importante essere consapevoli ovvero concentrarsi sul momento presente senza giudizio, così che si possa rispondere consapevolmente, integrando emozioni e ragionamento per essere efficaci nel momento (Linehan, 1993b). La prima cosa utile che si può fare per ridurre la propria reattività emotiva è rallentare. Esistono diversi modi per ottenere questo risultato:
• fai un respiro profondo per liberare i pensieri;
• ricorda di prendere decisioni con il tuo coniuge e di non affrettarti a rispondere a tuo figlio, anche se sta chiedendo una risposta immediata;
• ricorda che tuo figlio sta facendo il meglio che può in quel momento;
• concediti una pausa o addirittura ritirati in una stanza per guadagnare un po’ di tempo per pensare in modo chiaro ed efficace.
I genitori riferiscono che, quando rallentano, sono in grado di pensare in modo più chiaro e di comprendere il punto di vista dei loro figli. Sono quindi in grado di seguire i passaggi che alla fine li condurranno ad uno stato mentale saggio e alla capacità di rispondere efficacemente ai loro adolescenti. Nel momento in cui rallentiamo aumentiamo la nostra capacità di osservazione e ascolto della situazione. Ascoltare può sembrare un’attività banale, scontata, quasi un atto passivo, in realtà è un’azione vera e propria, e mettersi in ascolto può richiedere un grande sforzo perché prevede di lasciare spazio al punto di vista dell’altro, occorre zittire quella parte della mente che giudica e commenta per permettere all’altro di sentirsi capito. Un importante filosofo contemporaneo, Byung-Chul Han, definisce così l’ascolto: “Ascoltare significa innanzitutto dare il benvenuto all’altro, cioè approvare l’altro nella sua alterità. Ascoltare è un’offerta, un dare, un dono, aiuta l’altro a prendere la parola. L’ascolto invita l’altro a parlare, apre a lui lo spazio per la sua alterità. L’ascoltatore ospitale svuota se stesso divenendo uno spazio di risonanza dell’altro, che gli offre la libertà di essere se stesso. Solo l’ascolto può guarire”. Ecco, avere la capacità di fare questo tipo di ascolto ci permette veramente di capire, come genitori, di cosa hanno bisogno i nostri figli, non è semplice farlo, è un’abilità che bisogna allenare. Molto spesso presi dalla frenesia delle nostre giornate ci risulta difficile trovare dei momenti in cui fermarsi e fare questo tipo di ascolto, ma può essere un buon punto di partenza se si vuole essere delle figure di riferimento per i propri ragazzi e delle guide attente nei momenti di discernimento della loro vita. |
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In dialogo:
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il peso delle parole nella relazione genitore-figlio
(Dott.ssa Sara Lucariello)
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La comunicazione è alla base dell’agire umano, ci sono molti modi di comunicare, anche quando non parliamo infatti comunichiamo: i nostri sguardi, la nostra postura, le nostre espressioni facciali, lasciano sempre trapelare qualcosa di noi. Nella sfera familiare queste dinamiche diventano sempre molto importanti soprattutto tra genitori e figli, di seguito viene riportato lo stralcio di una conversazione tra madre e figlia:
«Mamma, oggi dopo la scuola vado a mangiare con Michela e Laura». «Cara, non passi neanche da casa?». «No, andiamo in piadineria subito e poi facciamo un giro». «Ok». «Dobbiamo organizzarci per il lavoro di gruppo di inglese». «Volete venire qui a farlo?». «No, grazie, andiamo in biblioteca, così ci raggiungono anche gli altri». «Ho capito. Avete bisogno di qualcosa?». «Grazie, ma ce la facciamo da soli». «Per quando dovrà essere pronto il lavoro di gruppo?». «Per venerdì». «Questo venerdì?». «Sì, e allora? Perché fai quella faccia?». «Perché mancano tre giorni e forse dovreste darvi una mossa». «Infatti oggi ci vediamo e poi andiamo in biblioteca». «Come preferite. Ma se per venerdì non è tutto pronto…». «Mamma, come sei pesante! Ho mai preso una nota per i compiti?». «No. Però in questo caso non devi studiare da sola.». «Ma noi lavoriamo bene insieme». «Va bene, allora a che ora vengo a prenderti in biblioteca?». «Alle 18,00. Aspettami al parcheggio vicino al bar». «Perché?». «Così vengo lì io appena ho finito». «Ma ti vergogni di me?». «No, anche se non è che sei messa bene». «In che senso?». «Nel senso che non sei come la mamma di Laura». «Grazie, cara… non credevo di essere un mostro da tenere nascosto». «Non ho detto che sei un mostro. Ho solo detto che non ti curi molto». «Sai com’è, non ho tutto questo tempo libero per guardarmi allo specchio». «Eh, diciamo che si vede. Forse dovresti provare a ricavartene un po’ di più. I capelli a volte sono proprio inguardabili». «Grazie, tesoro, per questo momento verità. E io che mi preoccupavo del compito di inglese…».
Quando i nostri figli giungono all’età della preadolescenza, un aspetto che può diventare critico è la comunicazione con loro, i ragazzi imparano nuove abilità comunicative e acquisiscono un loro pensiero critico, sanno osservare come voi apparite e come siete dentro. E a volte sanno usare parole che arrivano “al centro del cuore con una pugnalata”, alternando momenti di tenerezza a momenti di indisponenza e scorbuticità. Non sono più i bambini che vedevano mamma e papà come i loro personali supereroi, diventando disponibili a giustificarli e a considerarli i migliori del mondo. Questo tipo di comportamento viene ora messo in discussione, e spesso ferisce il genitore che vorrebbe mantenere lo status di adulto che non sbaglia mai. Molte mamme vanno in crisi di fronte alle critiche o alle proteste violente dei loro figli, molti padre si sentono rifiutati o addirittura provocati da frasi pronunciate con l’intenzione di fare male. Per questo è importante rimanere nel momento presente per formulare delle risposte che possano integrare emozioni e ragionamento e siano efficaci nel momento. Cosa non funziona nel dialogo sopra riportato? La madre non esprime fiducia nei confronti della propria figlia ma piuttosto dà per scontato che il suo atteggiamento sarà di non curanza e poca serietà, la figlia si sente giudicata e criticata dalla madre e risponde di conseguenza in maniera aggressiva. Dare per scontati alcuni atteggiamenti da parte dei propri figli può essere deleterio perché i ragazzi si sentono visti come i soliti irrispettosi e si sentono giudicati. Una strategia utile può essere quella di utilizzare un linguaggio non giudicante ovvero che descrive e non usa giudizi, etichette o valutazioni di qualsiasi tipo. Ad esempio la mamma del dialogo sopra riportato avrebbe potuto dire “Giulia ho notato che quando sei andata in passato in piadineria e poi in biblioteca con le tue amiche per studiare avete fatto fatica a consegnare in tempo il lavoro che dovevate preparare, e tu stessa ti sei trovata in affanno, vi consiglio di fare attenzione ai tempi organizzativi”. Questa potrebbe essere una risposta che descrive un comportamento già avvenuto in passato e dà un consiglio. Le parole che usi riflettono e influenzano il modo in cui pensi, il quale influenza il modo in cui ti senti e infine come agisci. Usare un linguaggio meno giudicante ti aiuta a reagire meno emotivamente e rispondere più saggiamente. Questo può essere d’aiuto nei momenti in cui tuo figlio deve fare delle scelte importanti per la sua vita e tu dovrai essere una buona bussola per lui senza far sì che si ponga un muro tra di voi, per cui utilizzare alcune strategie comunicative può aiutare entrambi a comunicare e ad esprimere al meglio il proprio pensiero. Un assunto importante da tenere in considerazione è che ogni punto di vista è valido: genitori e figli spesso vedono le situazioni in modo diverso, e portare avanti una personale lotta su chi ha ragione e chi ha torto non servirà a favorire il dialogo. Riconoscere e accettare che non puoi cambiare le idee di qualcun altro, anche se è tuo figlio, può metterti in una prospettiva diversa che può aiutare a sbloccare la situazione, dichiara le tue aspettative e non farti distrarre dalla discussione su chi ha ragione o torto, accetta che ci possono essere diversi punti di vista. Un concetto importante da tenere presente è che non si può essere padri e madri perfetti, anche se molti lo vorrebbero essere. In tutte le relazioni importanti della vita si impara per tentativi, e così a poco a poco si cambia. Donald Winnicott, uno dei più grandi teorici della relazione genitore-figlio, invita ad essere genitori “sufficientemente buoni”, nel senso che è importante dare il meglio di noi, ma dobbiamo anche imparare ad accettare che abbiamo dei limiti, e a non spaventarci quando sbagliamo, a non svalutarci, ma a riconoscerli per non ripeterli.
TOCCA A TE!
Un esercizio utile per il genitore può essere pensare a una conversazione in cui si è rimasti intrappolati dal punto di vista emotivo e si è utilizzato un tono di voce e affermazioni giudicanti. Prova a riformulare alcune delle frasi di quel dialogo in modo non giudicante, esprimendo anche i tuoi bisogni senza ferire i bisogni e i sentimenti di tuo/a figlio/a.
Sarebbe bello avere dei riscontri su alcune pratiche che sono state consigliate, sia in positivo che negativo. Non abbiate paura di scrivermi per mail a dott.saralucariello@gmail.com. |
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